In base a quanto disposto dalla normativa vigente l’olio deve essere classificato in varie categorie, ognuna delle quali si caratterizza per determinati standard qualitativi.
Se è vero che, nella denominazione generica “olio di oliva“, rientrano gli oli ottenuti dalla lavorazione delle olive, è sufficiente esaminare i relativi parametri analitici, tra i quali uno dei più rilevanti è l’acidità, per poterli suddividere in diverse tipologie.
L’olio extravergine di oliva è un olio di categoria superiore che si ricava direttamente dalle olive, esclusivamente attraverso dei procedimenti meccanici. La sua acidità deve essere di massimo 0,8 grammi ogni 100 grammi di olio.
L’olio vergine di oliva pur essendo ottenuto, come quello extravergine, direttamente dalle olive e per mezzo di procedimenti meccanici, ha un’acidità libera che può raggiungere, sempre considerati 100 grammi di prodotto, 2 grammi.
Per quanto riguarda l’olio di oliva, questo contiene oli di oliva che sono stati sottoposti ad un processo di raffinazione e altri oli ottenuti direttamente dalle olive. Si tratta, pertanto, di un olio che si ricava dal taglio dell’olio di oliva raffinato con olio d’oliva vergine. In questo caso l’acidità libera è inferiore o uguale a 1 grammo ogni 100 grammi. I processi chimici ai quali è sottoposto sono necessari per eliminare i difetti organolettici.
Le normative non hanno dato indicazioni in merito alla quantità minima di olio vergine che deve entrare a far parte della miscela anche se, nella maggior parte dei casi, si tratta di una percentuale piuttosto bassa; la sua funzione è principalmente quella di dare colore e sapore all’olio.
L’olio di sansa di oliva è un olio che contiene nella sua totalità oli derivanti dalla lavorazione della miscela ottenuta dopo l’estrazione di quello che viene definitivo olio di oliva e di altri oli che provengono direttamente dalle olive. Anche in questo caso l’acidità libera non deve essere superiore ad 1 grammo per 100 grammi.
Infine, l’olio di oliva raffinato è ottenuto dalla rettifica degli oli lampanti, ossia oli sui quali è stato possibile riscontrare dei difetti nella produzione (un alto grado di acidità o difetti di natura organolettica). Il nome “oli lampanti” deriva proprio dalla funzione svolta fino a qualche decina di anni fa, ossia l’alimentazione delle lampade ad olio. L’olio di oliva raffinato è incolore e non ha sapore e odore.
Gli oli si distinguono anche per le loro caratteristiche organolettiche. Un olio pregiato si presenta, infatti, al tatto e al gusto in modo molto più invitante, regalando un aroma fruttato. Altre caratteristiche distintive di un olio pregiato sono l‘amaro e il piccante; l’amaro deriva dall’impiego di olive verdi oppure invaiate (non deve comunque essere troppo pronunciato, perché si trasformerebbe in un difetto). Per quanto riguarda il piccante, la sensazione pungente è una caratteristica specifica di quegli oli che vengono prodotti all’inizio della stagione, da olive ancora verdi; gli oli toscani, ad esempio, sono rinomati per tale caratteristica. Un olio maturo, invece, ha un ottimo colore giallo acceso, che si accompagna ad un sapore molto rotondo che tende al dolce. Un olio che presenta note piccanti può essere definito di ottimo livello quando tale caratteristica non persiste eccessivamente all’interno della cavità orale.
Un ottimo olio deve anche essere armonico, ossia presentare dei picchi aromatici e dei sentori dominanti.
L’olio si caratterizza anche per la sua età; l’olio novello (raggiunge 4 mesi dall’estrazione) ha un gusto spiccatamente fruttato che tende al piccante, mentre quello fresco (8 mesi dall’estrazione) ha un sapore decisamente meno intenso ed è più limpido, oltre che fruttato.
Infine, un olio giovane (fino ai 12 mesi dall’estrazione) è ancora più aromatico.